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Professoressa Associata

Storia dell’arte contemporanea

Università La Sapienza

 

Gianluca Fiore propone un reportage su sei biblioteche del Comune di Roma in rapporto ai
quartieri che le ospitano.

Il fotografo confronta quel che succede dentro gli spazi silenziosi e ordinati della biblioteca con la vita all’esterno, rumorosa e affollata, che anima luoghi ora vissuti, ora in stato di abbandono, ora accoglienti, ora desolati.

Due realtà a prima vista distanti, espressione di un contrasto che talvolta ha il sapore di una scommessa: la stessa che negli anni passati ha spinto l’amministrazione comunale a investire sulla cultura nelle periferie della capitale, dove si trova la gran parte delle sedi oggetto degli scatti fotografici.


Sono state scelte le biblioteche Aldo Fabrizi a San Basilio, la Casa delle traduzioni nel Rione
Trevi, la Casa del parco a Pineta Sacchetti, la Collina della pace a Borgata Finocchio, la Elsa Morante a Ostia e la Gianni Rodari a Tor Tre Teste.

Le immagini sono disposte in una serie di dittici: a ogni foto della biblioteca corrisponde una foto del quartiere, con l’obiettivo di verificare le possibili relazioni tra esse. Lo sguardo del fotografo compara e ragiona, cerca assonanze e diversità come in un esperimento di scienze umane.

Non si tratta, però, di una fotografia documentaria in senso classico, che tende a restituire la realtà limitando al minimo l’intervento soggettivo, e neanche propriamente di un reportage giornalistico, quanto piuttosto di uno sguardo d’autore che affida alle diverse possibilità linguaggio fotografico e al montaggio delle immagini l’emergere di punti di vista inediti.


Il tema principale è quello della comunicazione tra i luoghi della cultura e della riflessione e la
vita quotidiana degli abitanti del quartiere.

Lo sguardo del fotografo avvicina entrambe le situazioni e ora penetra facilmente negli spazi, ora registra resistenza.

Queste diverse possibilità sono riproposte allo spettatore, che a volte si introduce lungo le infilate prospettiche degli scaffali della biblioteca o dei banchi del mercato, oppure è inglobato nella spazialità espansa delle vedute grandangolari degli edifici; altre volte, invece, viene respinto da porte sbarrate o saracinesche abbassate. Porte e finestre sono un soggetto simbolico ricorrente, in quanto diaframmi di comunicazione tra il dentro e il fuori: per loro tramite la parete della sala di lettura lascia entrare porzioni di cielo, luce e a volte mare o, viceversa, il muro di un palazzo può inquadrare al suo interno altre dimensioni, reali o immaginarie. In certi casi i muri diventano letteralmente pagine miniate, come a San Basilio o a Pineta Sacchetti, dove la Street art è entrata in maniera significativa nel tessuto urbano e nelle abitudini visive degli abitanti, come del resto in molti altri quartieri della capitale.

Una somiglianza inaspettata tra dipinti murali e illustrazioni grafiche, tra il macro e il micro immaginario viene dischiusa con particolare efficacia grazie alla riduzione di scala
dell’obiettivo fotografico.

Questa consente a Gianluca Fiore di alludere, non senza ironia, a paragoni altrimenti impensabili: il pomello decorato della finestra e l’edicola votiva ad angolo,
il lampadario circolare visto dal basso e la capigliatura rasta di un sorridente cittadino del
mondo, le coste dei libri in fila e le folle di turisti attorno alla Fontana di Trevi, ma anche i
gomitoli di lana, la frutta e i pesci dei banchi del mercato.


Le analogie compositive, grafiche o cromatiche tra le immagini delle biblioteche e quelle del
quartiere innescano interrogativi, gli accostamenti imprevisti provocano stupore, un sorriso,
o danno da pensare.

 

Gianluca gioca con il linguaggio fotografico, con le illusioni e le rivelazioni che questo può provocare grazie alla sua straordinaria forza testimoniale e all’inevitabile quoziente di mistificazione che porta con sé. E tuttavia è un gioco serio, capace di suggerire

chiavi di lettura e di immaginare proposte per gettare un ponte tra situazioni diverse
quando non decisamente distanti.

 

Come la cultura che le biblioteche dispensano agli utenti del quartiere, nutrimento letteralmente paragonato al cibo del mercato, Gianluca offre il contributo del suo immaginario visivo alla costruzione di un dialogo tra le persone del quale, oggi più che in altri momenti, si sente un gran bisogno.


Ilaria Schiaffini

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